Pane arabo tipo pita: ricetta base + upgrade
Perché il pane arabo tipo pita
Durante il lockdown la possibilità di comprare pane buono non era affatto scontata. Sono rimasta senza il mio lievito preferito (te ne ho parlato qui, compromesso 1), e mi sono dovuta “accontentare” di questo qui (compromesso 2), che nel Naturasì vicino casa veniva elargito col contagocce.
Ho allora sperimentato tutta una serie di “pani” arabo/indo/cinesi/messicani, con poco o senza lievito.
La pita qui a casa ha spopolato.
Perché l’evoluzione della pita (pita 2.0, appunto)
È successo che durante la pandemia ho iniziato a fermentare.
Ad un iniziale momento di smarrimento per quello che stava accadendo ho reagito nell’unico modo che conosco: studiare.
Non che il mondo delle fermentazioni mi fosse sconosciuto, tutt’altro (quanto il miso abbia cambiato le sorti della mia digestione, nonché il sapore dei miei piatti, te l’ho accennato qui). Ma per iniziare ad autoprodurre fermentati, mi era sempre mancata la spinta.
Poi la pandemia, il lockdown, l’istinto di disinfettare qualsiasi cosa entrasse in casa, le ferite alle mani (a via di lavarle) e stop. Mi sono detta che quella NON poteva essere la strada, o almeno non poteva essere l’unica, la sola arma a disposizione per difenderci dal nemico.
Mi sono confrontata con Manuela e ho capito che, in realtà, esiste un’arma che ognuno ha dentro di sé, che, se sta bene, è potentissima: l’intestino.
L’intestino felice
Ora non mi addentrerò in una approfondita e quanto mai complessa analisi della questione. Basti, per il momento, dire che le due condizioni a cui bisognerebbe tendere per un sistema immunitario forte sono:
- che l’intestino sia in eubiosi, cioè che il suo microbiota, ossia il suo sistema microbico, sia in equilibrio
- che il rivestimento interno delle sue pareti sia integro.
Mangiare cibo fermentato aiuta (tantissimo) sia l’una che l’altra cosa.
Non solo batteri amici
Il beneficio più noto che hanno i cibi fermentati (non tutti, peraltro!) è l’apporto di colture vive di batteri acido-lattici, che aiutano a ripopolare l’esercito di batteri buoni e, quindi, a tenere in equilibrio il microbiota.
Ma non è l’unico. Anzi!
Per farla molto, ma molto breve i cibi fermentati:
- apportano micronutrienti unici (acidi organici, enzimi digestivi e prebiotici) che hanno effetti benefici sulla salute (non solo intestinale);
- nutrono, a loro volta, i batteri amici, mettendoli in condizione di svolgere al meglio il proprio ruolo, con effetti positivi su tutto l’organismo;
- forniscono all’organismo nutrienti più accessibili e biodisponibili, grazie alla “predigestione” operata dai batteri;
- sono migliori sotto il profilo nutrizionale, trasformando i batteri le sostanze antinutrienti in nutrienti.
Cosa fermentare?
Tutto! :-D!
Avremo modo di approfondire l’argomento a dovere, perché da qui ai prossimi mesi ho intenzione di parlarti tantissimo di fermentati, anche con l’aiuto di Manuela.
E la pita?
Ai fini della pita (e della sua versione pro), inizio a raccontarti che, oltre ad aver dilatato i tempi di ammollo di legumi e cereali integrali, per essere sicura di aver attivato una fermentazione (che si traduce in una loro “predigestione” e in un miglioramento del loro profilo nutrizionale), sto studiando dei modi per far fermentare gli impasti a base delle loro farine.
In pratica allungo i tempi di riposo a temperatura ambiente e aggiungo ingredienti ricchi di colture attive che possano fungere da “starter” per la fermentazione.
Nella ricetta della pita 2.0:
- ho sostituito parte dell’acqua con kefir di latte ed il sale con il miso
- ho ridotto il lievito e fatto riposare l’impasto per 10-15 ore a temperatura ambiente.
Come per tutti gli altri fermentati, oltre ai benefici sulla digestione (che io percepisco nettamente), ho apprezzato tantissimo il miglioramento del sapore.
La ricetta originale di Ottolenghi (il quale, però, chiama questo pane “pitta”), la trovi qui.
Qui sotto la mia personale interpretazione, in due varianti, con e senza fermentazione dell’impasto.
***
Grado di difficoltà:
Tempo di realizzazione:
- Preparazione degli ingredienti: 5-10 minuti
- Riposo: da 2 a 15 ore
- Pezzatura: 5 minuti
- Riposo: 30 minuti
- Formatura: 5-10 minuti
- Cottura: 6-7 minuti per ogni infornata
Ingredienti:
Versione base (corta)
- 240 g di acqua tiepida
- 350 g di farina (possibilmente di grani antichi e macinata a pietra. Questo il mio mix ideale: 200 g di farina di grano tenero antico Luce di Tipo 2, di Amore Terra e 150 g di semolato di un mix di grani duri antichi di Floriddia)
- 2 cucchiaini di pasta acida essiccata attiva senza lievito di birra come starter di farro o di frumento , che trovi sullo store online Tibiona (oppure:
- 2 cucchiaini di lievito madre inattivo con 15% lievito di birra che agisce da starter)
- o 2 cucchiaini di lievito di birra in polvere)
- 1 cucchiaino di sale
- 1 cucchiaino di miele (opzionale)
- 1 cucchiaio di olio evo
Versione base (lunga)
- 240 g di acqua tiepida
- 350 g di farina (possibilmente di grani antichi e macinata a pietra. Vedi il mio mix ideale nella versione base breve)
- 1 cucchiaino di pasta acida essiccata attiva senza lievito di birra come starter di farro o di frumento , che trovi sullo store online Tibiona (oppure:
- 1 cucchiaino di lievito madre inattivo con 15% lievito di birra che agisce da starter)
- o 1 cucchiaino di lievito di birra in polvere)
- 1 cucchiaino di sale
- 1 cucchiaino di miele (opzionale)
- 1 cucchiaio di olio evo
Versione 2.0
- 140 g di acqua tiepida
- 100 g di kefir di latte
- 350 g di farina (possibilmente di grani antichi e macinata a pietra. Vedi il mio mix ideale nella versione base breve)
- 1 cucchiaino di pasta acida essiccata attiva senza lievito di birra come starter di farro o di frumento , che trovi sullo store online Tibiona (oppure:
- 1 cucchiaino di lievito madre inattivo con 15% lievito di birra che agisce da starter)
- o 1 cucchiaino di lievito di birra in polvere)
- 1 pizzico di sale
- 1 cucchiaino abbondante di miso (di qualunque tipo, se chiaro aggiungi un pizzico di sale), sciolto in un pochino d’acqua prelevata dal totale
- 1 cucchiaino di miele (opzionale)
- 1 cucchiaio di olio evo
Procedimento:
Prepara l’impasto
Pesa la/e farina/e e mettila/e in una ciotola, insieme a tutti gli altri ingredienti. Impasta finché non si sarà formata una palla liscia e omogenea. Se ti accorgi che la farina “chiede” altra acqua, non spaventarti: procedi aggiungendone 1 cucchiaio alla volta e lavora l’impasto finché non avrà assunto l’aspetto che vedi nella seconda foto qui sotto.
Fai riposare
Poni l’impasto a riposare in un posto riparato dalle correnti, un paio d’ore per la versione base breve, da 4 a 12-15 ore per la versione base lunga e per la versione 2.0.
Procedi alla pezzatura
Tra 30 e 60 minuti prima di infornare, recupera l’impasto, forma un cilindro e poi taglialo in 6 pezzi più o meno uguali (se lo hai, aiutati con un tarocco). Pesa i pezzi e riporziona i pezzetti di impasto per fare in modo che abbiano tutti più o meno lo stesso peso.
Lavora i pezzetti di impasto
Forma 6 palline. Coprile e lasciale riposare una mezz’ora.
Nel frattempo accendi il forno alla massima temperatura, modalità ventilato, e poni sulla griglia posta in posizione centrale una teglia della grandezza della leccarda, in modo che si scaldi bene.
Stendi le pita
Prendi un foglio di carta forno, ponici sopra 3 palline distanziate e stendile, con le mani o aiutandoti con un piccolo matterello, ad un diametro di 15 cm circa (non di più, altrimenti non si gonfiano). Non aver paura di aggiungere farina se l’impasto dovesse risultare un po’ appiccicoso.
Cuoci
Quando sei pronto per cuocere e circa un quarto d’ora prima di mangiare, apri velocemente il forno, preleva la teglia calda e facci scivolare sopra il foglio di carta forno su cui avrai steso le 3 prima 3 pita.
Abbassa la temperatura a 230° C ventilato.
Fai cuocere le pita finché non si saranno gonfiate e avranno assunto un bel colore dorato (nel mio forno impiegano 6-7 minuti, ma stai in allerta a partire da 4-5 minuti).
Nel frattempo stendi su un altro foglio di carta forno le 3 restanti palline.
Quando le 3 pita della prima infornata saranno pronte, procedendo con movimenti il più possibile rapidi fai scivolare le 3 pita cotte su un panno pulito e impilale una sull’altra. Chiudi immediatamente il panno.
Procedi a far scivolare sulla teglia calda il foglio di carta forno con le 3 restanti pita crude e inforna immediatamente.
A cottura ultimata anche delle pita della seconda infornata, procedi velocemente ad impilarle sulle altre, chiudi il panno e servi immediatamente.
Appena sfornate sono eccezionali, ma tengono bene fino al giorno dopo (oltre noin siamo mai andati), a patto che siano servite calde.
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#meal prep e organizzazione
Se scegli la versione lunga puoi, alternativamente, impastare al mattino per gustare le pita per cena, oppure la sera, far riposare l’impasto tutta la notte, stenderle e cuocerle al mattino, per averle a colazione, per il brunch o il pranzo.
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Consigli di lettura
- Sandor Ellix Katz, Il grande libro della fermentazione, ed. Sonda
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Se hai qualche domanda o commento sulle pita o anche sugli impasti fermentati, puoi scrivermi qui sotto o sui miei canali social, oppure in privato. Se provi a farle e hai voglia di mostrarmele, scatta una foto e condividila su Instagram e Facebook taggando @alternativeeating, così potrò vederti.
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